CATANIA - Per i magistrati la morte di Carmelo Castro è un caso chiuso, ma la madre non si rassegna e con lei l’associazione Antigone che ora ha ufficialmente presentato un’istanza alla Procura di Catania per chiedere di riaprire le indagini.
Carmelo Castro è morto in carcere il 28 marzo del 2009, a soli 19 anni. Era stato arrestato per aver fatto il palo in una rapina. Tre giorni dopo aver varcato il portone del carcere di Piazza Lanza si è suicidato legando un lenzuolo allo spigolo della sua branda. Cosi è stato scritto nella relazione di servizio e questo ha confermato anche il gip Alfredo Gari che ha già respinto una prima richiesta di riapertura delle indagini presentata dalla famiglia del ragazzo.
Carmelo Castro è morto in carcere il 28 marzo del 2009, a soli 19 anni. Era stato arrestato per aver fatto il palo in una rapina. Tre giorni dopo aver varcato il portone del carcere di Piazza Lanza si è suicidato legando un lenzuolo allo spigolo della sua branda. Cosi è stato scritto nella relazione di servizio e questo ha confermato anche il gip Alfredo Gari che ha già respinto una prima richiesta di riapertura delle indagini presentata dalla famiglia del ragazzo.
LA MADRE - Ma la madre Grazia La Venia non si stanca di ripetere: «Mio figlio non può essersi suicidato, non era in grado nemmeno di allacciarsi le scarpe da solo, figuriamoci attaccare un lenzuolo alla branda e impiccarsi». Al suo fianco ora si schiera l’associazione Antigone che nell’esposto alla Procura si sofferma sulle troppe stranezze di questa vicenda e sull’inchiesta condotta in modo a dir poco frettoloso. «Nel corso delle indagini preliminari non è stato disposto il sequestro della cella, né del lenzuolo con il quale Castro si sarebbe impiccato –si legge nell’esposto- a questo, si aggiunga che non è stato sentito nessuno del personale di polizia penitenziaria intervenuto, né il detenuto che avrebbe portato il pranzo a Castro e che sarebbe l’ultima persona ad averlo visto ancora da vivo».
I DUBBI - La denuncia riprende molti dei dubbi già sollevati dal legale della famiglia Castro. «Come può una persona che muore impiccandosi presentare delle ipostasi, cioè addensamenti di sangue alla schiena, e non agli arti inferiori? –si chiede l’avvocato Vito Pirrone - e ancora come può chi sta per suicidarsi consumare un pasto abbondante come risulta dall’autopsia e tra l’altro in un contesto in cui non si capisce quando sia stato distribuito il vitto ai detenuti? Perché un detenuto suicida viene trasportato in ospedale a bordo di un’auto di servizio e non in ambulanza?». L’associazione Antigone arriva addirittura a chiedere la riesumazione del cadavere per accertare, se ancora possibile, eventuali tracce del «pestaggio a cui secondo la denuncia della famiglia sarebbe stato sottoposto nella caserma dei carabinieri e che sono visibili dalla stessa foto segnaletica».
Carmelo Castro |
Alfio Sciacca
(asciacca@corriere)
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