domenica 3 gennaio 2010

turris savoia




atalanta inter 91-92

MALATI DI TIFO .


Lo ammetto mi piacciono le favole, sono legato all'aspetto romantico e nostalgico del calcio, quello fatto di storie il cui confine con le leggende è molto labile, o più semplicemente a curiosità rapite da qualche vecchio giornale, internet o leggenda metropolitana. Tutto ciò allontana dalla realtà, ma non sempre è un male visto che sono sempre meno gli spunti che permettono di sognare e sempre più gli episodi di mercimonio calcistico a qualsiasi livello. Pertanto, dimenticata la sbornia del Castel di Sangro, archiviata l'overdose di titoli sul miracolo Chievo, rimane qualche frammento albinoleffe e poco altro, oltre alla squadra del cuore, a suscitare emozioni che vanno oltre la sana faziosità.Salterei in blocco i giocatori sempre più rapiti dal triangolo soldi-veline-macchine sportive e con sempre meno curiosità da svelare: sotto gli scarpini, niente. I pochi che danno l'idea di avere qualcosa da dire, alla Tommasi, vengono trattati come fenomeni da baraccone e spolverati solo nelle circostanze di comodo.
Punterei quindi sui tifosi, sul loro lato romantico, a ciò che li fa soffrire, alle loro pazzie, quelle genuine e incomprensibili al resto del mondo.A quei tifosi, sempre meno, che si identificano in Nick Hornby, solo chi si riconosce nel protagonista di Febbre a 90', infatti, sa cosa intendo.La poesia dell'essere tifoso con tutto il mondo che disapprova, come quando entri in chiesa con i bermuda, è il sale del calcio. Al di là di ogni risultato, infatti, il tifoso ama, soffre e respira pronto a metabolizzare le delusioni e ricominciare più convinto di prima, perché anche dopo la sconfitta più cocente sa che mancano pochi giorni alla partita successiva. E' un virus, che non si può (e non si vuole) debellare, che ti rende complice e benevolo con chi ha i tuoi stessi sintomi. E' qualcosa che va oltre il calcio giocato, impuro, contaminato da dirigenti disonesti, arbitri fantocci, giocatori superficiali e tifosi avvelenati, è "l'idea".
In questo momento di break mi piacerebbe raccontare queste storie scovate qua e là, fatte di passione, amore, sacrificio....pazze come da sempre sono stati i tifosi della Roma, almeno quelli di una volta, quelli del "che sarà, sarà".Come, ad esempio, la storia dei tifosi del Preston North End che, per commemorare John Tracey, leggendario tifoso del club venuto a mancare, decisero di istituire il "Gentry Day" (giorno della gente perbene) nel quale tutti i fan della squadra si sarebbero dovuti presentare allo stadio (nell'occasione la trasferta con il QPR) con la bombetta, il tipico copricapo very English.La società appoggiò l'iniziativa (quando si dice comunione di intenti tra il club e i propri tifosi, concetto astruso qui da noi) e così i tifosi del Preston assistettero al match con il cappello che simboleggia gli uomini della City.Caso volle che la squadra vinse, pertanto si moltiplicarono le richieste per ripetere l'esibizione, ciò avvenne ma senza sortire il medesimo risultato sportivo sperato.Poco male. L'iniziativa ha scatenato i malati del merchandising inglesi che coniarono subito lo slogan " Gentry strikes back" (con i caratteri di stampa stile Star Wars) e inondarono il quartiere londinese di magliette e cappellini....una quota del ricavato è stata data in beneficenza e tutti vissero felici e contenti.Hattrick.Tanto di cappello.Non è facile in questo periodo stuzzicare la curiosità con qualcosa che esula dal calciomercato, argomento che a me attrae poco poiché non sopporto il tutti contro tutti che si scatena intorno agli amati colori, tra chi attacca e chi difende, soprattutto in considerazione del fatto che nell'ipotetica scala di importanza delle componenti del calcio, il tifoso occupa l'ultimo gradinoPertanto fluttuo in questa specie di limbo commentando, eventualmente, gli arrivi e le partenze che si susseguiranno conscio che, come quando finiscono le grandi storie d'amore, ricorderò solo le nefandezze compiute da chi ci lascerà, e per il rumeno ULTRAS LIBERI



FIERI DELLE NOSTRE ORIGINI

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