mercoledì 22 ottobre 2008

Diffidati cinque sostenitori della Libertas Lucchese


Entrano in campo a pochi minuti dal termine della gara e appendono uno striscione offensivo nei confronti di Fouzi Hadj. Per cinque tifosi della Libertas Lucchese, individuati dalla Digos, scatterà il Daspo, la diffida dall'assistere a manifestazioni sportive. Una parte della tifoseria continua infatti a seguire la storica Libertas in aperta contestazione col presidente che l'ha condotta in terza categoria.Tornano alla ribalta della cronaca gli Ultras della Lucchese, con la Digos che ne identifica cinque e li deferisce in quanto responsabili del reato di "invasione del terreno da gioco nel corso di una manifestazione sportiva". Nei loro confronti scatterà l'emissione del divieto di accesso alle competizioni sportive.
I fatti si sono svolti durante la partita valevole per il campionato di terza categoria tra Libertas e Valdottavo, quando a pochi minuti dal termine dell'incontro i cinque ragazzi, tutti di età compresa tra i 37 e i 22 anni, sono entrati in campo per appendere uno striscione recante la scritta "Fouzi bastardo".

Tutti e cinque erano già noti alle forze dell'ordine per essere appartenenti al gruppo "Ultras Lucchese". Il gruppo, da non confondersi con i più volte alla ribalta della cronaca "Bulldog", a dispetto del nome in realtà nel corso degli anni si è dimostrato piuttosto tranquillo ed i suoi esponenti raramente si sono resi protagonisti di azione violente da stadio.

La notizia infatti, più che evidenziare un grave atteggiamento ‘Ultras', porta alla ribalta della cronaca il disagio con il quale la città sta vivendo la situazione del calcio locale. Non bisogna infatti dimenticare, laddove ci si addentra in una riflessione riguardante questi episodi, che il calcio in Italia è il fenomeno di massa che ogni domenica fa muovere e aggregare il maggior numero di persone.
A Lucca dopo i noti fatti che hanno riguardato la storica società Libertas Lucchese, non tutti gli appassionati si sono messi al seguito della nuova società Sporting Lucchese, ma molti di loro sono rimasti al seguito della centenaria Libertas, iscritta al campionato di terza categoria. Ogni partita della Libertas in terza categoria è dunque accompagnata dal seguito di decine di sostenitori che non perdono l'occasione di contestare Fouzi Hadj, ritenuto responsabile del fallimento (per il momento solo sportivo) della storica società.
Nonostante i timori iniziali, finora la protesta dei tifosi non è andata oltre a qualche striscione o coro, ma l'anomala situazione per i campi di terza categoria ha attirato l'attenzione delle forze dell'ordine, dato che a quei livelli i controlli negli impianti non sono certo a misura di ultras.
p.p.diffidati x uno striscione??!!!!!!
e allora a chi fa una rapina in banca allora che gli dovrebbero fare,bruciarlo vivo?!!
peccato che accade proprio il contrario:Solidarietà.a cinque ultras colpiti dal daspo ... la diffida passa la rabbia no

lunedì 20 ottobre 2008

Legio Linteata




















I Sanniti furono guerrieri valorosi e ben organizzati. Come tanti popoli, allora ed ancora oggi, avevano nel loro esercito un certo numero di combattenti che formavano un gruppo scelto di guerrieri.
Era la Legio Linteata, una devotio a divinità dell'Olimpo sannita che, dopo una particolare cerimonia sacra, diventava una casta di guerrieri votata al sacrificio estremo pur di difendere il proprio popolo. Sulla legione e sulla cerimonia che la consacrava, ci sono giunte solo le testimonianze di Tito Livio nei suoi Annales, ma molti sono i reperti archeologici venuti alla luce in questi ultimi anni che in parte avvallano ciò che Livio ha scritto.
La descrizione del rito "sacrale"
Legionari Sanniti alla fine del IV secolo a.C. (3)
avvenuto nel 293 a.C. presso la fortezza di Aquilonia per consacrare i giovani sanniti nella "Legio Linteata", viene così da Livio narrata:...alla guerra questi (i Sanniti) s'erano preparati con lo stesso impegno e con gran dovizia di fulgide armi; e ricorsero anche all'aiuto degli dei, giacché i soldati erano stati iniziati alla milizia prestando il giuramento secondo un antico rito, e s'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge, in virtù della quale chi fra i giovani non fosse accorso alla chiamata dei comandanti, e chi si fosse allontanato senza il loro ordine, doveva essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di radunarsi ad Aquilonia. Vi si raccolsero circa 60.000 uomini, il fiore delle milizie ch'erano nel Sannio.
L'AREA DEL GIURAMENTO DEI LINTEATIIvi, quasi nel centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi di graticci e plutei e si coprì con drappi di tela uno spazio che s'estendeva al massimo per duecento piedi, ugualmente in ogni direzione.
Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo; il sacerdote era un certo Ovio Paccio, un uomo di età avanzata, il quale affermava ch'egli ricavava tale sacro rito da un antico cerimoniale dei Sanniti, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso segretamente la decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio, il comandante fece chiamare da un messo i più nobili per stirpe ed imprese; essi vennero introdotti ad uno ad uno.
Oltre agli altri sacri apparati, atti ad infondere nell'animo il timore religioso, v'erano anche nel centro del recinto, tutto coperto all'intorno, are e vittime uccise, e v'erano schierati in giro guerrieri con le spade sguainate. Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come vittima che come iniziato, e gli si faceva giurare che non avrebbe rivelato ciò che avesse visto o sentito in quel luogo. Lo costringevano a giurare secondo una formula terribile fatta apposta per invocare la maledizione su di sè, sulla famiglia e sulla sua stirpe, se non fosse andato a combattere là dove i comandanti lo avessero condotto e, se fosse fuggito dal campo di battaglia, oppure avesse visto fuggire un altro e non l'avesse immediatamente ucciso. Guerrieri sanniti nel IV secolo a.C. (3)
Alcuni che s'erano dapprima rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati attorno agli altari; i loro cadaveri, abbandonati in mezzo all'ammasso delle vittime, servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero. Quando i più ragguardevoli tra i Sanniti si furono impegnati con tale imprecazione, il comandante ne designò dieci, e ad essi fu ordinato di scegliersi ognuno il proprio compagno, finché avessero raggiunto il numero di 16.000. Quella legione fu chiamata "linteata" dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date fulgide armi ed elmi con pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri. V'era poi un altro esercito, di poco più di 20.000 uomini, che non sfigurava di fronte alla legione linteata nè per aspetto fisico dei soldati, nè per la gloria, nè per le armi. Questo contingente di uomini, che rappresentava il cuore delle milizie, s'accampò nei pressi di Aquilonia (1).
La Legio Linteata appare anche nella descrizione di un altro avvenimento narrato negli Annales, accaduto però nel 309 a.C.
I guerrieri sanniti vengono descritti con armi d'oro e d'argento:
Due erano gli eserciti: gli scudi del primo li cesellarono in oro, quelli del secondo in argento; la forma dello scudo era la seguente: più larga la parte superiore, da cui son protetti il petto e le spalle, e orizzontale in cima; più appuntito in basso, per lasciare libertà di movimenti.
A protezione del petto avevano una corazza a maglia, e la gamba sinistra era riparata da uno schiniere. Elmi con paragnatidi e pennacchio, per mettere maggiormente in evidenza la statura gigantesca. Tuniche variopinte ai soldati con lo scudo dorato, a quelli con lo scudo argentato di candido lino (2).
Guerriero sannita in un affresco da una
tomba a cassa da Nola - IV sec. a.C.
In effetti Livio descrive queste particolari schiere con armi ed atteggiamenti troppo gladiatori, come l'utilizzo di un solo schiniere, forse influenzato dalle gesta e probabilmente dalla figura di quei Sanniti che ai suoi tempi erano considerati i più abili e crudeli guerrieri d'arena.
Ma è proprio il ripetere della descrizione che Livio fa della Legio Linteata e della cerimonia sacra officiata per costituirla, al di là del fatto che siano pure invenzioni atte a glorificare lo sforzo fatto dai romani per annientarla, ad evidenziare la possibilità che questo corpo particolare di equites possa essere realmente esistito.
(1) TITO LIVIO - Ab Urbe Condita - X, 38. Traduzione di M. Scandola.
(2) Livio, op. cit. IX, 40. L'annalista romano descrive i legionari linteati come avrebbe descritto un guerriero della nobiltà romana. Infatti fa indossare ai Sanniti un tipo di corazza, la "Lorìca Hamata", una cotta di maglia di ferro che, nel III secolo a.C, soltanto un graduato romano poteva permettersi, visto che occorrevano delle tecniche molto particolari e costose per costruirla. Questo tipo di cotta sarà indossata da tutti i soldati romani solo dalla metà del II secolo in poi, sostituita intorno al I secolo dalla "Lorìca Segmentata", destinata a divenire il simbolo del soldato romano. E' più probabile quindi che la corazza dei "Linteati" sia stata fabbricata sul tipo di quelle usate intorno alla fine del IV secolo a.C. dalle popolazioni dell'Italia meridionale che, a contatto con le numerose colonie greche nel sud della penisola, vennero influenzate non solo nell'arte figurativa, come viene testimoniato dagli innumerevoli oggetti d'uso quotidiano ritrovati nelle sepolture, ma anche in campi più specifici come quello dell'armamento militare. In alcune pitture tombali di Paestum viene raffigurata proprio questo tipo di corazza, accompagnata da affreschi raffiguranti schinieri ed elmi con pennacchi. La corazza in questione potrebbe discostarsi dalla tipica protezione italica costituita da dischi di bronzo in uso intorno al V secolo a.C.

benevento-cavese coppa italia




rispetto per gli assenti ....

sabato 18 ottobre 2008

video curva nord 86-87


a voi un grande passato a noi oggi i tre punti il resto non conta e tutti a casa

E' un vizio di famiglia ....

La foto si commenta da sola ....

Brutti sporchi e cattivi ???

Enrico Brizzi: curva, ultras e aggregazione
17 - 10 - 2008
L'articolo che segue, a cura di Roberto Stracca, dal titolo "Brizzi: «In curva c'è di tutto, anche il tuo vicino»", è stato tratto dal Corriere della Sera del 16 ottobre 2008.
MILANO — «Gli ultrà tutti brutti, sporchi e cattivi? Allora vuol dire che è la società italiana che fa schifo. Perché in curva non ci sono mostri senza volto giunti da un passato remoto, ma mio cugino, il vostro e quello di chi li critica».
Enrico Brizzi, come il suo Jack Frusciante del romanzo rivelazione, esce dal gruppo. E non si unisce al coro del «dagli all'ultrà». Perché il trentaquattrenne scrittore di «Bastogne» e «L'inattesa piega degli eventi» nella curva «Andrea Costa » di Bologna, c'è cresciuto. «Ma, da quando la Melandri ha messo i tornelli, non ci vado più. Non mi piace essere ripreso da cento telecamere come fossi al "Grande Fratello": mi hanno tolto la fantasia». E di «quello spaccato della nostra società » ha anche scritto, ma mai divulgato: «È ancora un tabù: sarei subito lapidato. Non c'è ancora una saldatura tra chi compra i libri indirizzato dai mezzi di comunicazione e l'anima popolare delle curve ». E quell'anima, «contraddittoria ma affascinante», Brizzi prova spiegarla.
«Le curve italiane non sono come quelle inglesi degli anni 70, dove c'erano tutti minatori. Nelle gradinate italiane ci trovi il giovane notaio, l'impiego di banca, l'operaio e il disoccupato. È l'unico posto dove c'è unione a prescindere dalla posizione sociale. C'è allegria e paura. Che piaccia o no, le curve sono l'ultimo grande luogo di aggregazione giovanile».
Un'aggregazione, secondo qualcuno, con una precisa matrice politica. Quella dell'estrema destra. «Premesso che ci sono delle differenze da curva a curva. E che quando vedo certi simboli, mi sento male. Ma in curva ci sono sempre stati. Negli anni 80, nella "rossa" Bologna, c'era l'adesivo di Snoopy con il casco e la croce celtica. Dagli anni 70 a oggi non c'è stata stagione calcistica in cui non si sono visti. Perché ci si indigna solo adesso? Forse mi sbaglio, ma non credo a una cupola di destra dietro il movimento ultrà. E, fossi nelle istituzioni, mi preoccuperei più di un altro problema».
Quale, scusi? «L'infiltrazione della criminalità comune: ci sono curve di piccoli centri dove alcuni presidenti hanno mandato dei criminali per cacciare i ragazzi che magari li contestavano. In altre curve c'è l'infiltrazione della 'ndrangheta, nelle curve delle metropoli c'è anche chi ha preso dei colpi di pistola».
«La ricchezza e al tempo stesso il limite della curva — spiega, ancora, Brizzi — è il suo essere un arcipelago contradditorio. Andrebbe studiata senza pregiudizi, ma nei salotti televisivi è più facile descrivere gli ultrà come bestie pericolose ». E, invece, chi sono? «La parte più irrequieta, tradizionalista e passionale dei ragazzi italiani. E, credo, che stiano un po' sulle balle a molti». Per quale motivo? «Perché gli ultrà vogliono andare nel posto dove c'è la partita e non si accontentano di guardarla in tv».
http://www.boysparma1977.it/ultras/altre/0809/ultras_liberi_altre_voci_0809_101708001.php

martedì 7 ottobre 2008

benevento-cavese coppa italia


Benevento - Cavese in programma mercoledì 8 ottobre 2008 al Santa Colomba non vedrà la possibilità per i tifosi Cavesi di potersi gustare il match.pecchato domani non vedervi in azione siete davvero grandi .....

ci avete rotto il calcio ........... la vostra repressione non ci fermera ultras in eterno

essere ultras




FIERI DELLE NOSTRE ORIGINI

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