lunedì 20 ottobre 2008

Legio Linteata




















I Sanniti furono guerrieri valorosi e ben organizzati. Come tanti popoli, allora ed ancora oggi, avevano nel loro esercito un certo numero di combattenti che formavano un gruppo scelto di guerrieri.
Era la Legio Linteata, una devotio a divinità dell'Olimpo sannita che, dopo una particolare cerimonia sacra, diventava una casta di guerrieri votata al sacrificio estremo pur di difendere il proprio popolo. Sulla legione e sulla cerimonia che la consacrava, ci sono giunte solo le testimonianze di Tito Livio nei suoi Annales, ma molti sono i reperti archeologici venuti alla luce in questi ultimi anni che in parte avvallano ciò che Livio ha scritto.
La descrizione del rito "sacrale"
Legionari Sanniti alla fine del IV secolo a.C. (3)
avvenuto nel 293 a.C. presso la fortezza di Aquilonia per consacrare i giovani sanniti nella "Legio Linteata", viene così da Livio narrata:...alla guerra questi (i Sanniti) s'erano preparati con lo stesso impegno e con gran dovizia di fulgide armi; e ricorsero anche all'aiuto degli dei, giacché i soldati erano stati iniziati alla milizia prestando il giuramento secondo un antico rito, e s'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge, in virtù della quale chi fra i giovani non fosse accorso alla chiamata dei comandanti, e chi si fosse allontanato senza il loro ordine, doveva essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di radunarsi ad Aquilonia. Vi si raccolsero circa 60.000 uomini, il fiore delle milizie ch'erano nel Sannio.
L'AREA DEL GIURAMENTO DEI LINTEATIIvi, quasi nel centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi di graticci e plutei e si coprì con drappi di tela uno spazio che s'estendeva al massimo per duecento piedi, ugualmente in ogni direzione.
Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo; il sacerdote era un certo Ovio Paccio, un uomo di età avanzata, il quale affermava ch'egli ricavava tale sacro rito da un antico cerimoniale dei Sanniti, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso segretamente la decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio, il comandante fece chiamare da un messo i più nobili per stirpe ed imprese; essi vennero introdotti ad uno ad uno.
Oltre agli altri sacri apparati, atti ad infondere nell'animo il timore religioso, v'erano anche nel centro del recinto, tutto coperto all'intorno, are e vittime uccise, e v'erano schierati in giro guerrieri con le spade sguainate. Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come vittima che come iniziato, e gli si faceva giurare che non avrebbe rivelato ciò che avesse visto o sentito in quel luogo. Lo costringevano a giurare secondo una formula terribile fatta apposta per invocare la maledizione su di sè, sulla famiglia e sulla sua stirpe, se non fosse andato a combattere là dove i comandanti lo avessero condotto e, se fosse fuggito dal campo di battaglia, oppure avesse visto fuggire un altro e non l'avesse immediatamente ucciso. Guerrieri sanniti nel IV secolo a.C. (3)
Alcuni che s'erano dapprima rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati attorno agli altari; i loro cadaveri, abbandonati in mezzo all'ammasso delle vittime, servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero. Quando i più ragguardevoli tra i Sanniti si furono impegnati con tale imprecazione, il comandante ne designò dieci, e ad essi fu ordinato di scegliersi ognuno il proprio compagno, finché avessero raggiunto il numero di 16.000. Quella legione fu chiamata "linteata" dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date fulgide armi ed elmi con pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri. V'era poi un altro esercito, di poco più di 20.000 uomini, che non sfigurava di fronte alla legione linteata nè per aspetto fisico dei soldati, nè per la gloria, nè per le armi. Questo contingente di uomini, che rappresentava il cuore delle milizie, s'accampò nei pressi di Aquilonia (1).
La Legio Linteata appare anche nella descrizione di un altro avvenimento narrato negli Annales, accaduto però nel 309 a.C.
I guerrieri sanniti vengono descritti con armi d'oro e d'argento:
Due erano gli eserciti: gli scudi del primo li cesellarono in oro, quelli del secondo in argento; la forma dello scudo era la seguente: più larga la parte superiore, da cui son protetti il petto e le spalle, e orizzontale in cima; più appuntito in basso, per lasciare libertà di movimenti.
A protezione del petto avevano una corazza a maglia, e la gamba sinistra era riparata da uno schiniere. Elmi con paragnatidi e pennacchio, per mettere maggiormente in evidenza la statura gigantesca. Tuniche variopinte ai soldati con lo scudo dorato, a quelli con lo scudo argentato di candido lino (2).
Guerriero sannita in un affresco da una
tomba a cassa da Nola - IV sec. a.C.
In effetti Livio descrive queste particolari schiere con armi ed atteggiamenti troppo gladiatori, come l'utilizzo di un solo schiniere, forse influenzato dalle gesta e probabilmente dalla figura di quei Sanniti che ai suoi tempi erano considerati i più abili e crudeli guerrieri d'arena.
Ma è proprio il ripetere della descrizione che Livio fa della Legio Linteata e della cerimonia sacra officiata per costituirla, al di là del fatto che siano pure invenzioni atte a glorificare lo sforzo fatto dai romani per annientarla, ad evidenziare la possibilità che questo corpo particolare di equites possa essere realmente esistito.
(1) TITO LIVIO - Ab Urbe Condita - X, 38. Traduzione di M. Scandola.
(2) Livio, op. cit. IX, 40. L'annalista romano descrive i legionari linteati come avrebbe descritto un guerriero della nobiltà romana. Infatti fa indossare ai Sanniti un tipo di corazza, la "Lorìca Hamata", una cotta di maglia di ferro che, nel III secolo a.C, soltanto un graduato romano poteva permettersi, visto che occorrevano delle tecniche molto particolari e costose per costruirla. Questo tipo di cotta sarà indossata da tutti i soldati romani solo dalla metà del II secolo in poi, sostituita intorno al I secolo dalla "Lorìca Segmentata", destinata a divenire il simbolo del soldato romano. E' più probabile quindi che la corazza dei "Linteati" sia stata fabbricata sul tipo di quelle usate intorno alla fine del IV secolo a.C. dalle popolazioni dell'Italia meridionale che, a contatto con le numerose colonie greche nel sud della penisola, vennero influenzate non solo nell'arte figurativa, come viene testimoniato dagli innumerevoli oggetti d'uso quotidiano ritrovati nelle sepolture, ma anche in campi più specifici come quello dell'armamento militare. In alcune pitture tombali di Paestum viene raffigurata proprio questo tipo di corazza, accompagnata da affreschi raffiguranti schinieri ed elmi con pennacchi. La corazza in questione potrebbe discostarsi dalla tipica protezione italica costituita da dischi di bronzo in uso intorno al V secolo a.C.

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